Disabilità, universalità e artisticità della lingua dei segni
Pubblicato il 8 Marzo 2018 in Notizie
Tags disabilità, LIS, riflessioni
Tra qualche giorno avrà inizio la prima edizione di un festival, organizzato e promosso dalla F. V. sotto la direzione artistica di R. M.
Era possibile partecipare ad un bando per sviluppare un progetto artistico performativo e ho così pensato di partecipare. Purtroppo la mia candidatura è stata bocciata e oggi ho ricevuto le motivazioni. Nello scambio di mail che qui riporto, si affrontano i temi dell’universalità della LIS, della mediazione artistica della LIS e di cosa sia la disabilità.
Mi farebbe piacere ricevere le vostre riflessioni (utilizzando l’area Contact del sito o su Facebook) perché i temi trattati sono per me importantissimi e mettono in discussione il lavoro che porto avanti da diversi anni. Ve ne sarei grato!
R. M.
Gentile Francesco Paolo Ferrara,
dopo una attenta e difficile selezione mi dispiace comunicarla che il suo progetto non verrà selezionato per il bando.
Infatti, come indicato sul bando, il Festival nella prima e seconda edizione intende supportare la Lingua dei Segni assieme e prioritariamente alla crescita degli artisti nativi segnanti in Italia.
Trovo però interessante che coinvolga la LIS, anche se il suo punto di vista si basa più su espressione dei sentimenti universali anziché valorizzarla come lingua con regole rigide – non c’è niente di universale con la LIS. Devo anche condividere dei dubbi sul suo punto di vista sulla disabilità perché secondo me oggi il tema è abbastanza in discussione, anche nella comunità scientifica, rispetto a chi sia davvero disabile, quali siano i discrimini e se come definizione abbia ancora senso.
Spero comunque di vederla durante la prima edizione del festival! Buon proseguimento di tutto!
R. M.
Paolo Ferrara
Gentilissima R. M.,
La ringrazio per la risposta.
Ho pensato di partecipare alla selezione di questa bella manifestazione perché, leggendo il bando proposto, ho ritenuto di avere i requisiti necessari per parteciparvi. Se avessi letto che il bando fosse rivolto solo ad artisti nativi segnanti, non mi sarei mai immaginato di partecipare.
Come avrà letto, dal 2013 il mio progetto ha inserito una moltitudine di soggetti e tra questi soggetti hanno partecipato e partecipano tuttora assieme anche nativi segnanti. E’ un lavoro di squadra dove non si partecipa per condizione, ma per semplice curiosità o piacere.
Credo che l’arte non si debba occupare di insegnare una lingua, né tantomeno divenire un luogo istituzionale che preveda la presenza di esperti di linguistica. L’arte è sublimazione e non mi dilungherò su questo argomento perché vedendo il suo curriculum, sono certo che abbia la competenza per condividere con me questo pensiero.
Concordo sul fatto che la LIS non sia un concetto universale, ma nessuna lingua lo è. Un sistema di comunicazione non può essere universale, ma la lingua è un sistema di segni e quelli intendono e rappresentano (dipendenti da cultura a cultura) azioni, cose e sentimenti che sono universali. Per questo motivo il mio progetto identifica nella LIS un’universalità che non può essere contraddetta altrimenti si negherebbe l’area iconica della lingua stessa.
Ciò che mi preme di più però è affrontare il tema della disabilità.
In tutta la documentazione che ho inviato non ho mai parlato di disabilità e l’unico posto in cui può aver trovato questa parola è nel sito che gestisco.
La persona con disabilità è una persona riconosciuta legalmente per una condizione che la maggioranza della società non condivide. Nei miei progetti partecipano tutti e spesso chi vive una condizione di disabilità non si sente in grado di parteciparvi. Quest’aspetto è sottolineato proprio per incoraggiare la presenza di chiunque voglia partecipare. Negare la parola “disabilità” è giustamente difensivo, ma anche ingenuo.
Inoltre proprio il progetto che ho presentato era sull’Isola di Martha’s Vineyard, perfetto esempio in cui la società non udente è maggiore della comune statistica.
Era diventato un posto in cui essere sordi non limitava la vita di nessuno e il disabile era considerato altro (uno zoppo per esempio). Una realtà che sottolinea quanto la società sia più dura dell’essere.
Non è la condizione di disabilità che discrimina, ma la società stessa.
Spero che possa assistere ai miei prossimi spettacoli per respirare un’aria d’inclusione che non si fa i soldi, che non discrimina o seleziona e che non cerca visibilità.
Un luogo in cui la LIS è qualcosa che va oltre la lingua, ma diventa il mezzo per confrontarsi, per conoscersi e apprezzarsi. E anche la LIS diventa qualcosa di più che una lingua dei segni.
Le auguro il meglio per la conduzione del festival,
Paolo Ferrara.