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L’abitudine di tornare

Tornare è un’abitudine per quelli come me.

Questo blog è stato un diario di bordo per un intero anno, rileggo le mie scoperte, i miei pensieri e le mie ricerche. Da quando ha debuttato IL TEATRO CHE FA TESTO! non sono riuscito a scrivere più nulla, tant’è che non è ancora stato documentato nulla di quell’esperienza.
Eppure si sono succeduti altri impegni seguendo stavolta un percorso che ha smesso di essere lineare o circolare, ma che si è diretto verso l’interno e l’esterno, il pubblico e il privato, il digerito e il vomitato.

Talvolta bisogna guardarsi con calma e distanza per poter dare un nome alle cose e non mi ero accorto di quanto mi stessi mettendo in gioco, tanto da perdermi tra frammenti di specchio che con legittimità hanno rivendicato una loro esistenza all’interno della mia identità.

Oggi non ho ancora voglia di parlare delle idee che sto portando avanti (lo farò davvero a breve), ma voglio dedicare quest’articolo al respiro e alla responsabilità di avere scelto una professione d’aiuto.

Come si può pensare di essere una guida per qualcuno quando non si è in grado di ritrovarsi? In questi anni con grande impegno e istintività ho iniziato un viaggio dentro di me con la stessa impulsività di un bambino curioso. Mi sono rivisto e riconosciuto, amato, desiderato e criticato. Ed è in certe istintività che ho intravisto il coraggio di ascoltarmi senza aspettative o il prezioso atteggiamento di non essere prevenuto. E così mi sono aggredito, perdonato e offeso. Le parole sono fuoriuscite come fanno le gocce in un perennemente aperto rubinetto d’acqua corrente e mi sono schiantato più veloce di quanto avrebbe fatto la sola forza di gravità verso ciò che ero, che sono e che forse sarò. La stessa agnizione di cui sono testimone quando leggo di Ulisse e Telemaco, di un abbraccio fatto di tempo, paura e audacia.

In questi mesi, in questi giorni, fino a qualche ora fa non sempre ho fatto le scelte giuste e talvolta le mie emozioni sono state troppo intense ed incontrollate, però ho goduto del sentirmi pronto a tutto, del rischiare per poi esserci davvero. E c’è chi non può essere biasimato perché ha sentito di scappare da me.

Oggi più che mai mi sento predisposto ad assolvermi e sono spiacente per chi, malgrado suo, è stato investito dalle mie spade: chiedo grazia. Ho perso anche io, mi sono ferito soprattutto io perché non sono mai stato bravo con le lame ed ora stimo ancora di più ciò che esiste, chi esiste.

Oggi sono più fieramente fragile, la mia vita può essere rivalutata dal principio senza colpi di scena perché è il mio cuore che oggi chiede di più. Ora sì che posso parlare dei progetti su cui sto ragionando: non mi sono mai sentito tanto consapevolmente pronto.

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