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Carta d’identità

Per identità si intende il sapere ciò che si è, in riferimento a quelle caratteristiche che permettono di omologarsi agli altri o riconoscersi diversi dagli altri. L’identità non è costante nel tempo perché vi è un’altalena di associazione e dissociazione. Non c’è nessun riferimento fisso nell’identità e questo è un bene perché altrimenti si resterebbe intrappolati in qualcosa che non ci dà la possibilità di crescere, di stupirci, di cambiare. A lungo andare persino l’immagine corporea di sé cambia perché è dettata dalle percezioni, dai ricordi, dalle emozioni, dalle convinzioni e dai desideri. Ciò è di estrema importanza per la conoscenza di sé: se questi principi fossero stravolti dagli eventi della vita, si potrebbe anche arrivare a creare un rapporto conflittuale con la propria immagine corporea. Per ultimo, ma non per importanza, anche il giudizio sociale interferisce sulla precarietà dell’identità.

Questa premessa forse chiarificherà un po’ il mio dramma in bilico tra la realtà, l’immaginazione e i problemi quotidiani.

Tutto pronto per partenza! Dopo mesi di attesa, finalmente ritorno a quello che per me è un luogo di vacanza ideale: l’Albania. Bellissima nazione non facente parte dell’Unione Europea, garantisce una disconnessione totale proprio come si faceva vent’anni fa, prima di diventare dipendenti da fotografie, selfie e interazioni maniacali. L’alternativa sarebbe acquistare una carta SIM che con offerte vantaggiose riconnette con il mondo… ma anche no… Perché poi? Sopravviverò. Anche mia madre.

Ultimo tassello da sistemare è il rinnovo della mia carta d’identità che un dipendente mi ha incautamente strappato durante un’operazione agli uffici postali. Un problema di facile soluzione: quattro foto e via all’anagrafe. Ma qui la macabra sorpresa.

Il rinnovo si trasforma in una metamorfosi della mia identità. Tanto per cominciare si opta per togliere la dicitura Libero professionista nel campo professione perché non ha niente a che vedere con quello che faccio (l’avevo detto alla signorina precedente, ma lei insisteva che andava solo interpretato) e siccome l’alternativa è artista (bella parola, ma a me sta un po’ stretta forse perché immagino che al primo controllo in dogana perdo ogni credibilità), si decide per qualcosa di estremamente generico.

Ma lo shock arriva dopo.
“Lei ha intenzione di tingere i suoi capelli?” ed io fermamente rispondo “No, mai pensato.”
“Bene, allora direi brizzolato ormai. E’ d’accordo?”
“Faccia pure.”

Così il mio ruolo adesso è cambiato, sono brizzolato e senza un chiaro lavoro. Ma chi se ne frega, sono sempre io, no? Sono solo cambiate le aspettative della mia posizione fisica e sociale. Ma dentro di me c’è sempre quel libero professionista con i capelli neri. E poi il grande psicanalista francese Jacques Lacan sosteneva che la capacità di saper gestire tutti i nostri personaggi è sinonimo di benessere psichico, non di incoerenza.

E allora sai cosa? Oggi così.

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